16 Mar Ci sono mille motivi per iniziare a studiare cinese
Ci sono mille motivi per iniziare a studiare cinese: l’amore per la Cina, il desiderio di viaggiare e conoscerla nei suoi angoli più remoti, la conoscenza di una lingua utile nel lavoro.
C’è chi nutre fin da bambino una forte curiosità per il grande Paese asiatico, chi se ne appassiona solamente in età adulta, e chi si ritrova a imparare caratteri e toni per necessità lavorative.
La mia scelta di intraprendere un percorso di studi in Lingue Orientali è stata abbastanza istintiva. Sapevo che avrei continuato a dedicarmi alle lingue straniere, pur non sapendo quali. La prospettiva di investire ben cinque anni di studio universitario su una di esse, mi ha portato a esclamare: “Almeno facciamolo per una lingua che sia bella tosta, che giustifichi un tale dispendio di tempo e di energie!”.
La Cina iniziava ad essere il Paese verso cui guardavano le economie occidentali, e l’idea di acquisire una conoscenza linguistica ben spendibile sul mercato del lavoro, rafforzò la mia decisione di iniziare a studiare cinese.
Non conoscevo nulla di quella terra, e non immaginavo che la decisione di approcciarmi ad essa mi avrebbe cambiata così tanto.
I primi anni sono trascorsi nella comfort zone dell’università, delle mattine in aula e dei pomeriggi in biblioteca, incantata da quei caratteri che piano piano riuscivo a comprendere, leggere e scrivere, e di quei suoni spesso buffi che pronunciavo con una sicurezza sempre maggiore.
Poi è arrivato il giorno della grande partenza per Pechino, per poter finalmente iniziare a studiare il cinese “sul campo”, alla Capital Normal University. Non dimenticherò mai il mix di emozioni che mi travolsero i primi giorni in cui, assieme ai miei compagni di corso, cercavo di capire dove fossi finita. Eccitazione e smarrimento, euforia e nodo alla gola: eravamo davvero lì, dopo anni di studio teorico, e la Cina era tutta attorno a noi, nella sua spiazzante immensità.
È innegabile che il nostro primo incontro sia stato piuttosto…sconvolgente. I controlli all’aeroporto, l’eccessiva burocrazia, le difficoltà che incontravo nell’affrontare le più semplici incombenze quotidiane. Tutto mi rimandava l’immagine di un Paese troppo chiuso e rigido per i miei gusti.
Ci ho messo un po’ per capire che ero io, dal mio canto, ad essere troppo chiusa. Spettava a me dovermi adattare, abbandonarmi al gioco, dimenticando i continui paragoni con la mia cultura. Quando si entra in contatto con una realtà così diversa dalla nostra, i confronti vanno banditi, i tentativi di ritrovare qualche aspetto del mondo da cui proveniamo sono solo degli ostacoli.
Il nostro cervello va lasciato scomporre come un cubo di Rubik, senza paura di perdere la monocromia che abbiamo creato sulle varie facciate. Scopriremo così che esiste un’infinità di colori nuovi con cui dipingere il nostro concetto di “normalità”.
Una volta abbassato ogni tipo di barriera, la Cina mi si è rivelata in tutta la sua immensità. Ha deliziato il mio palato con i sapori inconfondibili della sua variegata cucina; gli occhi enigmatici del suo popolo, che in un primo momento mi facevano sentire così lontana dai miei affetti, sono diventati curiosi interlocutori con cui sorridere delle nostre diversità; la rigida burocrazia che mi aveva così spaventata, si è rivelata un insieme di regole fittizie, necessarie ad un popolo ancora segnato da una dittatura che in molti casi lo ha privato della capacità di pensare e decidere autonomamente.
Negli anni ho fatto più volte ritorno nel cosiddetto “Regno di mezzo”, sempre per diversi motivi: studio, ricerca, viaggio e infine lavoro, E non ho mai smesso di meravigliarmi della sua immensa varietà.
Pechino, con i suoi edifici imperiali, i templi, il suo passato glorioso che permea una vita intrisa di antica cultura. I grattacieli di Shanghai, da cui osservare le contraddizioni di una città che non si ferma mai, e che per anni ho potuto chiamare “casa”. Suzhou, la Venezia cinese. Hangzhou, città universitaria vista lago. Guilin, con le antiche imbarcazioni su cui ancora si pratica la pesca con il cormorano. Lo Yunnan, splendido Yunnan, con le sue alte vette rivolte verso il Tibet, a nord, e il Mekong che lo saluta scendendo verso il Vietnam, a sud. L’isola di Hainan con le sue spiagge tropicali.
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